Giulio Facchi Blog

Con le Eco palle non si rimuovono le ecoballe

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Come dimostrano i modelli CUD allegati, la notizia circolata ieri su giornali e tg nazionali in merito a “stipendi inimmaginabili ” non ha alcun fondamento.

Ancora oggi, dopo aver trascorso certamente la giornata più brutta e paradossale della mia vita, dopo una notte insonne, ancora mi chiedo come sia possibile che una notizia assurda, inverosimile e infamante possa avere avuto la circolazione che ha avuto.

Per un giorno intero ho avuto la sensazione di essere immobilizzato mentre assisto all’arrivo di uno tsunami che, come tale, è espressione di impotenza e di forza travolgente.

Proprio così, proprio la sensazione di essere impotenti davanti a un ciclone di fango è quella che vivi quando senti l’inarrestabile forza dei media che impietosamente ti travolge a prescindere dalla veridicità di quello che comunica.

Come è possibile, mi chiedo ancora, avrei capito l’essere attaccato da critiche e accuse sull’operato, su questioni che rientrano comunque nell’opinabile, nel confronto sia dialettico che giudiziario, ma essere travolti da clamorosi errori sulla cosa più oggettiva che esista ( i numeri) , non è proprio accettabile.

Tutti coloro che, in modo incauto e discutibile, si sono buttati sulla notizia (dietro l’alibi che riportavano numeri dati comunque dalla procura) avevano ben chiara la inverosimilità della stessa, ma era proprio tale inverosimilità ad essere notizia in se.

Possibile che nessuno abbia ritenuto di dover controllare una cosa che davvero era controllabile? La notizia era già emersa e smentita nel 2004, già si era capito quale errore (comunque ingiustificabile e grave) stava dietro alla formulazione di cifre assurde, perché ritornarci con quella massa d’urto della stampa e tg nazionale?

Entriamo nel merito: il PM nella sua requisitoria utilizza (senza far le cifre) una dichiarazione dell’allora Commissario Catenacci del giugno 2004, la utilizza per motivare e disegnare un contesto chiaramente finalizzato a supportare le sue tesi.

Molto abilmente il magistrato, impegnato nel suo voler suggestionare il Gip, ha utilizzato il grossolano errore di Catenacci, tralasciando il fatto che da se si era poi smentito.

Il resto lo ha fatto chi, senza lo scrupolo di fare un minimo di controllo, riteneva di dover dare risalto a una “mossa suggestiva e tattica del PM”.

Eppure sarebbe bastato chiedersi come mai la procura, che ha condotto una indagine scrupolosissima e approfondita, se avesse accertato che percepivamo cifre quasi 10 volte superiori a quelle che per norma ci spettava, non ha deciso di contestarci questo come reato.

La cosa è semplice: il compenso destinato a me e agli altri personaggi non era stabilito discrezionalmente da Bassolino, da altri o da noi stessi, ma era definito nei primi 2 anni da un apposito Decreto ministeriale e nel periodo successivo da una ordinanza del Ministro degli interni.

In base a tali atti a noi spettava nei primi 2 anni un compenso pari a 10.000.000 delle vecchie lire mensili (lorde) e negli anni successivi il nostro compenso era stato parificato a quello che spettava ai Consiglieri e Assessori Regionali.

Avessimo percepito importi così clamorosamente diversi avremmo certamente commesso un reato che nessuno, nemmeno i PM in questione ci ha mai contestato.

Prova do di ciò è il fatto che, sulla questione dei rimborsi spesa che io ho ottenuto (€ 33.000 in 56 mesi, pari a circa € 600 mese e di cui parlo di seguito), è stato avviato un procedimento giudiziario che sto affrontando nella massima serenità e che non rientra nel processo in questione.

Bastava questa semplice riflessione per far nascere quantomeno il sospetto che i numeri non solo erano inverosimili, ma proprio sbagliati.

Credo sia giusto fornire i numeri così come escono dagli unici documenti ufficiali che li possono confermare.

Quelli indicati di seguito sono gli importi lordi, da cui detrarre le ritenute irpef, riportati nei CUD allegati:

  • anno 1999: Lire 39.000.000, pari a € 20.141, 82, per 5 mesi di incarico
  • anno 2000: Lire 170.000.000, pari a € 87.797,77, per 12 mesi di incarico
  • anno 2001: Lire 199.183.680, pari a € 102.869,80, per 12 mesi di incarico
  • anno 2002: € 131.293,67 per 12 mesi di incarico
  • anno 2003: € 123.313,08 per 12 mesi di incarico
  • anno 2004: € 20.552,18 per 3 mesi di incarico

L’incarico è durato quindi 56 mesi complessivi , con una mia presenza in ufficio di complessi 1.330 giorni

A conti fatti il mio compenso totale, per 56 mesi, è dunque di € 485.968,32 pari a € 8.678,05 lorde mensili.

Per completare il quadro è utile sottolineare che, come noto, io vivo, risiedo, lavoravo a Milano (Cologno Monzese) e che a Milano ha sempre risieduto la mia famiglia, stante la precarietà dell’incarico che mi impediva di immaginare il trasferimento della famiglia.

Anche se ciò mi è contestato in un’altra vicenda giudiziaria, a me è chiaro e palese il fatto che l’incarico di sub commissario veniva da me svolto in condizione di Missione, nel senso che per 5 anni dalla mia abitazione di Cologno Monzese mi recavo il lunedì in Campania per svolgere l’incarico e li vi restavo almeno fino al venerdì della settimana successiva.

Per svolgere l’incarico ho quindi affittato un appartamento nella città di Napoli, per un importo di € 1.300 comprese utenze e spese condominiali, ho effettuato complessivamente in 56 mesi 94 viaggi aerei andata e ritorno Milano Napoli (quindi sono tornato a casa meno di 2 volte al mese )spendendo in modo documentato € 33.000,00 di biglietti.

Ho infine consumato nella mia permanenza campana, 2.660 pasti che, se anche solo dovessi quantificare in base al valore dei ticket che i funzionari del commissariato ottenevano (ma non io) costituirebbero la cifra di € 53.200,00

Insomma, senza calcolare indennità di missione o altro, è documentato che il costo che ho sostenuto per lo svolgimento dell’incarico è pari a affitto: € 72.800, viaggi € 33.000 e pasti € 53.200, per un totale di € 159.000,00, ricevendo un rimborso spese di complessivi € 39.000,00.

Questi i veri, documentati e ufficiali numeri che definiscono i compensi ricevuti, numeri che non supportano certo la tesi per cui avevo l’interessa a mantenere l’emergenza rifiuti per trarre dalla stessa chissà quali favolosi compensi.

Vero il contrario, la passione e la voglia di dimostrare la possibilità di realizzare l’impossibile mi portò a sostenere l’incarico per tempi lunghi, pur sapendo che, sul piano degli interessi economici, politici e familiari miei, avrei tratto vantaggio da un mio ritorno a Milano.

Avevo scommesso sulla possibilità di riuscire a essere decisivo nel superare l’emergenza rifiuti campana, anche sperando, perché no, che ciò mi avrebbe in seguito permesso una gratificazione istituzionale e politica, magari meglio retribuita.

E singolare il fatto che per le procure, la prassi e “si usa solo quello che serve per dimostrare una tesi”, in tale modo le tesi diventano teoremi, magari affascinanti ma teoremi.

Sarebbe bastato dare adeguato valore a una telefona intercettata tra me e Monguzzi, Consigliere Regionale Lombardo dei verdi, in cui discutiamo della mia voglia di rientrare a Milano, dei vantaggi che potrei trarne, dei problemi che avrei e dei motivi per cui rimanere, ma come è evidente le intercettazioni non servono a ricercare le verità, ma a dare modo, con abili azioni di estrapolazione e interpretazione, di supportare solo le tesi accusatorie.

Concludo dicendo che proprio il danno provocato dalla notizia circolata in modo così incauto mi consente di riprendermi dalla sensazione di impotenza di fronte allo tsunami.

Il disorientamento e il dolore di chi mi sta vicino, lo sconcerto di chi ha creduto e crede in me e, soprattutto le lacrime di mia madre, mi impongono di mettere tutte le energie per ricostruire una vera verità, non solo sui compensi, ma sulle ragioni della emergenza rifiuti campana.

Giulio Facchi

Cud 1999 Cud 2000 cud 2001 cud 2002 cud 2003 cud 2004

Written by giuliofacchi

febbraio 7, 2008 at 2:07 PM

A Bassolino dissi: attento al contratto, se lo firmi non ne usciremo vivi

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da La Repubblica

IL RETROSCENA. Giulio Facchi, ex subcommissario per la raccolta differenziata racconta il rapporto con Impregilo: “Così iniziò la catastrofe”
“A Bassolino dissi: attento al contratto, se lo firmi non ne usciremo vivi”

dal nostro inviato Carlo Bonini

COLOGNO MONZESE (Milano) – Accampato in un ufficio del “Conapi”, Consorzio nazionale piattaforme e imballaggi, vive un uomo di 53 anni che della catastrofe napoletana sa molte cose. “Su cui – dice – non ha più senso tacere”. Si chiama Giulio Facchi. Nel 1998, dopo l’esperienza di assessore all’ambiente nella giunta provinciale di Milano del centro-sinistra, il ministro dell’Ambiente Edo Ronchi lo spedisce a Napoli come subcommissario per la raccolta differenziata. Ci resta fino al 2004. È uno degli occhi e delle orecchie di Antonio Bassolino. Ne diventa amico. Ne rimane travolto.

Da subcommissario, alla sua porta bussano tutti. “Amici di amici” per consigliargli di “non rompere i coglioni”. Il Sisde. Due commissioni parlamentari. La Procura di Napoli, che sulla sua testimonianza costruisce l’istruttoria che travolge Bassolino, l’Impregilo e lui stesso, che si ritrova imputato. “Rimborsi aerei per tornare ogni 15 giorni dalla famiglia a Milano; 180 euro di traghetti Capri-Napoli-Capri in un agosto in cui feci le ferie del pendolare”.

Dice Facchi: “Non si comprenderanno mai a pieno le ragioni della catastrofe fino a quando non sarà chiaro cosa accadde tra Napoli e Roma nel 2000”. Impregilo-Fibe ha appena vinto la gara per la realizzazione di due termovalorizzatori e di 7 impianti per la produzione di combustibile da rifiuti, le “ecoballe”. Antonio Bassolino, neopresidente della Regione e nuovo commissario all’emergenza, è di fronte a una scelta.

Bassolino succede ad Andrea Losco (oggi consigliere regionale del Pd, per 15 mesi governatore della Campania dopo il ribaltone Udeur che ha fatto cadere la giunta Rastrelli di centro-destra). È lui, sin lì, ad aver proceduto all’assegnazione definitiva della gara. Alla definizione dei primi subappalti, alla formazione delle commissioni di collaudo. Ha ridisegnato gli uffici del commissario, affidandone le chiavi a una trimurti che opera in palese conflitto di interesse.

Cura la parte legale Enrico Soprano (il cui studio assiste anche gli interessi di Impregilo). Curano la parte tecnica Salvatore Acampora e Raffaele Vanoli. Il primo, futuro “ingegnere capo” del progetto del termovalorizzatore di Acerra dopo averne scritto il capitolato di gara (Impregilo ne liquiderà la parcella di oltre un miliardo di lire). Il secondo, felice di abbracciare di fronte a una macchina fotografica un truffatore come Mario Scaramella, l’uomo della futura calunnia Mitrokhin.

Quando Bassolino diventa governatore, il governo D’Alema si sfalda. Ronchi lascia il ministero dell’Ambiente, dove arriva Willer Bordon. Cambiano i presupposti per cui Impregilo-Fibe si è infilata nell’avventura campana. Immaginava di poter incassare dalla produzione del suo termovalorizzatore di Acerra 296 lire il kilowattora (cifra riconosciuta dall’accordo Cip6 sullo sfruttamento di fonti di energia rinnovabile), ma il nuovo “certificato verde” ha abbassato la sovvenzione a 180 lire. Non sta scritto evidentemente da nessuna parte che i costi di quello che è un rischio di impresa debbano far ridiscutere un contratto, ma è esattamente ciò che accade.

“Bassolino – dice Facchi – si scava la fossa”. Accade a Roma, in una riunione a palazzo Chigi, cui partecipano il governatore, l’avvocato Soprano, Vanoli, Facchi, Bordon. Bassolino convince il governo a riconoscere a Impregilo-Fibe ciò che chiede. Viene cancellato ogni riferimento all’accordo di programma che, come previsto dal bando di gara, avrebbe obbligato il vincitore a fare i conti con le indicazioni della committenza. Viene riconosciuta la tariffa originaria prevista dagli accordi Cip6.

È un passaggio cruciale. Si legge negli atti parlamentari della commissione di inchiesta “Russo”: “L’eliminazione dell’accordo di programma cancella la possibilità di un’ulteriore negoziazione del contratto con Impregilo-Fibe, indispensabile per superare la sostanziale genericità del progetto. A cominciare dai tempi di realizzazione degli impianti, dagli obblighi nelle more della sua realizzazione”.

Facchi ricorda: “La mattina della firma del contratto con Impregilo, presi Bassolino da parte. Gli dissi: “Antonio, se firmiamo siamo fottuti. Non ne usciremo vivi”. Lui si infuriò. Naturalmente, non aveva letto una sola riga del contratto, perché per lui, quel che contava era “la questione politica”. Il resto era “roba da tecnici”… Cominciò a gridare: “E allora me lo spieghi tu cosa succede se non firmo? Non abbiamo più discariche disponibili!”. “Mi spieghi che succede quando tra qualche mese avrò i rifiuti in strada e dovrò pagare ad Enel (la concorrente di Impregilo uscita sconfitta dalla gara, ndr) 120 lire per chilo di rifiuto smaltito, quando invece ne pagherò 80?” “Me lo spieghi cosa diremo tra dieci mesi, quando saremo in campagna elettorale?””.

Con il bando di gara, gli accordi firmati da Bassolino con Impregilo hanno poco a che vedere. L’operazione si tramuta in un simulacro di project financing, ciò che non è mai stata. Impregilo è libera di scegliere i terreni degli impianti e sulle casse pubbliche grava un nuovo, imprevisto onere, che è quello di soccorrere finanziariamente chi ha vinto la gara per pagare i siti di stoccaggio temporanei delle “ecoballe”.

Sappiamo come è andata a finire. Non sappiamo perché Impregilo, firmato nel 2000 il contratto con Bassolino, impieghi quattro anni per chiedere e ottenere dal ministro dell’Ambiente del nuovo governo di centro-destra (Matteoli), l’autorizzazione ad allacciare il futuro termovalorizzatore di Acerra alla rete Enel, condizione imprescindibile per metterlo in funzione. Facchi sorride: “Perché? Perché Impregilo entra subito in sofferenza finanziaria e, di fatto, le banche che la sostengono diventano le vere interlocutrici del Commissario. Ottengono nuove clausole contrattuali che gli consentano di sfilarsi, come avverrà, in caso di inadempimento di Impregilo, senza doverne sostenere i costi”.

(3 febbraio 2008)

Written by giuliofacchi

febbraio 3, 2008 at 4:11 PM

Intervista sull’emergenza rifiuti a Napoli

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2004-2007: è calata la raccolta differenziata in Campania

Mentre in tutta Italia cresce, “In 3 anni persi 3 punti percentuali di Rd”. Intervistiamo Giulio Facchi, ex sub-commissario della Regione Campania

Sergio Capelli

E così siamo nuovamente in emergenza…
Inevitabile finchè non si cambia registro e si punta, con decisione, al ciclo integrato dei rifiuti

Da quattordici anni lo diciamo, ma da quattordici anni siamo costantemente in emergenza
Non è così. Non è vero che sono 14 anni di emergenza. Dal 1994 al 2000 si sono sempre risolti i brevi periodi di crisi con l’apertura di una nuova discarica in cui riversare i rifiuti, risolvendo velocemente il problema e tacitandolo per i seguenti mesi. Si andava avanti con il trattamento del tal quale, punto e basta. Se non si fosse arrivati a momenti di crisi, l’opinione pubblica non avrebbe permesso neanche queste aperture.
Da due anni a questa parte si è tornati a questo modello di azione.

E qual è stato invece il modello di gestione degli anni fra 2000 ed il 2004?
Con il Commissariato di Bassolino si è scelto di non aprire ulteriori discariche, ma di puntare ad un ciclo integrato dei rifiuti, partendo dalla raccolta differenziata per arrivare all’impiantistica. Un processo di cambiamento radicale, sia economico e gestionale che culturale.
Innanzitutto per poter spingere sulla raccolta differenziata è necessario spingere anche e soprattutto sul compostaggio. Il commissariato aveva acquistato 18 impianti modulari di compostaggio. Sette furono installati su tre siti, mentre a Molinara era già stata effettuata la gara. Ad oggi non solo non sono stati installati nuovi impianti, ma dei 3 siti che avevamo aperto, due sono stati chiusi per questioni di sostentamente economico. Ne resta in esercizio solo 1.
Nel giro di due anni siamo riusciti a portare 120 comuni (per lo più nell’alto salernitano e nel nolano) alla RD. Con ottimi risultati, come stanno a dimostrare Monte Corvino Rovella e Mercato San Severino. Negli ultimi tre anni nessun comune si è aggiunto a questi.

E la raccolta differenziata?
… e la raccolta differenziata, come è ovvio, cala!

Cala?
I dati parlano chiaro: nel 2004 eravamo, secondo i dati del Commissariato Governativo al 13,4% su scala regionale. Percentuale che è scesa all’11,72% nel 2005 per arrivare al 10,5% del 2007.

Perché in Campania non si riesce a far decollare il sistema integrato?
Il sistema integrato di gestione dei rifiuti altro non è che un modello industriale, i cui primi anelli sono il cittadino che differenzia e chi si occupa della raccolta. A seconda di come funzionano i primi anelli si sviluppa il resto della catena.
Il problema non è fare i piani per lo sviluppo della raccolta differenziata (negli ultimi anni ne ricordo almeno 9), ma impiantare questo modello industriale su di una struttura socio-economica al momento non predisposta ad accoglierlo, per la quale la soluzione più naturale è la gestione del tal quale nelle discariche.
Quando abbiamo iniziato a lavorare in tal senso, siamo andati incontro a degli shock. Ci confrontavamo con strutture non adatte, ma che con grossi sforzi si sono adattate.

Ed oggi?
Oggi si è fatto un passo indietro. Da due anni a questa parte si è ritornati all’apertura di discariche per risolvere le emergenze. Tutto ciò porta il sistema intero verso una pigrizia, verso un’inerzia che vanifica i progressi fatti negli anni passati. Il naturale risultato di queste scelte è la diminuzione della raccolta differenziata.

da www.ecodallecitta.it

Written by giuliofacchi

gennaio 13, 2008 at 9:46 PM